mercoledì 18 dicembre 2013

Prato: sguardi sul rogo



La mattina del 1 dicembre 2013, in una fabbrica cinese della città di Prato è divampato un incendio che ha causato la morte di sette dipendenti della ditta. La tragedia è stata riportata dai maggiori giornali italiani e cinesi con sfumature differenti.
Tra le testate cinesi, è interessante notare una differenza tra il modo di trattare la notizia in un giornale nazionale come il Quotidiano del Popolo, e in un giornale locale come ad esempio il Quotidiano di Wenzhou. La prima fonte sottolinea in apertura le condizioni di lavoro spesso carenti delle fabbriche cinesi in Italia, e poi ipotizza che l'incidente potrà influire sui rapporti tra i due paesi, probabilmente determinando un cambio di atteggiamento delle autorità italiane nei confronti delle aziende cinesi.
La fonte di Wenzhou, la municipalità da cui proviene la maggior parte dei cinesi in Italia, descrive invece l'incidente in sé, sottolineando il dolore dei familiari e riportando alcune dichiarazioni di Zhou Rongjing, presidente dell'Associazione dei commercianti cinesi in Italia, che riferisce alcuni dettagli sull'intervento delle forze dell'ordine e sulla provenienza delle vittime.
Molti articoli italiani, fin dal titolo, rimarcano soprattutto le pessime condizioni di lavoro dei dipendenti cinesi nelle fabbriche, tema ripreso anche dalla console generale cinese a Firenze, la dott.ssa Wang Xinxia, che ha ammonito la comunità locale e le associazioni degli imprenditori cinesi sul territorio a rispettare le leggi vigenti e ad attuare misure efficaci per evitare altri incidenti. La console ha in particolare ricordato i divieti di improvvisare dormitori e cucine in fabbrica, esortando imprenditori ed operai a contattare immediatamente le autorità qualora si accorgessero di situazioni irregolari.
Nel frattempo l’indagine aperta a seguito dell’incidente ha portato all’arresto di 11 persone, italiane e cinesi, accusate di associazione a delinquere, poiché avrebbero falsificato i certificati di residenza dei dipendenti cinesi. 
Dopo l’incidente di Prato, alcuni assessorati al lavoro, anche di altre regioni, hanno già convocato riunioni per approntare nuove misure per assicurare le condizioni di lavoro e i diritti dei lavoratori nelle ditte cinesi. È realistico che reazioni simili continuino a verificarsi nel prossimo periodo.
FONTE: tnc.com, chinanews.com, world.people.com
FOTO: tg24.sky.it 
Chen Yijing

giovedì 7 novembre 2013

La strada segreta del Dragone


La Città Proibita al giorno d’oggi non è solo il simbolo di un antico potere, rappresenta vestigia antiche da cui possiamo trarre infinite informazioni.
Rientra in quei siti archeologici, come l’italiana Pompei, da proteggere ad ogni costo, piccoli micro-mondi fermi, sospesi in un tempo che ci sembra lontanissimo, eppure presenti in un “qui e ora” visitabile dai turisti.

Questi luoghi hanno la capacità di celare informazioni per secoli, segreti magari taciuti ai tempi della loro costruzione e quindi difficili da scovare. Le pietre della Città Proibita ne hanno custodito uno fino a poco tempo fa, e il loro mistero è stato svelato dal professor Howard Stone, docente di ingegneria meccanica ed aerospaziale all’università di Princeton.
Il professor Stone si era posto un interrogativo sull’antica città costruita agli albori della Dinastia Ming, un interrogativo scomodo e che trovava unica risposta in una vecchia storia considerata leggenda: qualcosa a che vedere con una strada di ghiaccio.

Stone e il suo team hanno così cominciato a lavorare su alcuni blocchi di pietre della Città Proibita, e incrociando i loro studi con un progetto di ricerca delle fonti, hanno scoperto un documento vecchio di cinquecento anni. Traducendolo, vi si menzionava un metodo inusuale per trasportare pesi estremi attraverso lunghe distanze: caricare i suddetti pesi su blocchi da far poi scivolare su una via di ghiaccio realizzata per l’occasione.
Se così fosse, alcune pietre della Città Proibita sarebbero state trasportate da una distanza di 70 km dal sito odierno.

La città fu costruita nel XV secolo, la ruota era diffusa in Cina già dal 1500 a.C., ma gli studi del team del professor Stone e dei suoi colleghi Jiang Li e Haosheng Chen hanno evidenziato come per una simile mole da trasportare i carri fossero altamente sconsigliati.
La mole di riferimento non era fatta di semplici blocchi di pietra, ma da quelli che sono considerati veri e propri tesori. Il primo, l’enorme bassorilievo che si trova sulle scalinate della Corte Esterna, dietro il Palazzo della Preservazione dell’Armonia. Il bassorilievo in questione pesa circa 200 tonnellate ed è unico nel suo genere in tutta la Cina. Fu ricavato da un unico pezzo di pietra di 16,57 metri di lunghezza per 3,07 metri di larghezza per 1,7 metri di spessore. Il secondo, il bassorilievo della rampa sud, si trova davanti al Palazzo della Suprema Armonia, e fu realizzato stavolta in due blocchi, pecca abilmente nascosta – altro mistero svelato solo nel XX secolo, quando le intemperie e il tempo hanno reso visibile il punto d’intersezione delle due lastre.




Lo studio che il professor Stone conduce è sicuramente innovativo, perché affronta, potremmo dire, l’Antico dal punto di vista del Nuovo, la storia vista con l’occhio dello scienziato.
Concentrandosi sulle dinamiche e sui calcoli, il professor Stone e il suo team si affidano alle fonti, molto rare per quanto riguarda il trattamento di questo argomento, e realizzano in laboratorio esperimenti che potrebbero o meno confermare le loro teorie.

Il lavoro di laboratorio si basa sull’analisi delle caratteristiche del ghiaccio, e il team ha calcolato che non solo sarebbe stata necessaria una pianificazione precisissima del lavoro da svolgere, ma la presenza di almeno 300 lavoratori nei mesi invernali per far ghiacciare l’acqua lungo tutto il percorso e riuscire quindi a trasportare i blocchi di pietra.

Questa segreta strada di ghiaccio svelerebbe un metodo ingegnoso per trasportare masse attraverso tragitti più o meno impervi, come i 70 km in questione.
Questo metodo sembrava essere conosciuto in Cina, ma per la difficoltà della sua messa in atto, era rarissimo e forse è per questo che le fonti più diffuse non ne fanno menzione.
La cava ai tempi della costruzione della Città Proibita si trovava fuori dai confini della città di Pechino, e questo rende l’impresa assai notevole.
Se le teorie del team trovassero definitiva conferma, saremmo davanti un piccolo capolavoro di ingegneria antica, taciuto per secoli, scomparso dagli annali proprio come il ghiaccio scompare con l’arrivo del primo sole primaverile.

FONTE: BBC News China
FOTO: ben smethers.co.uk

Chiara Mastronardo

giovedì 26 settembre 2013

Il MAXXI linguaggio della contemporaneità


A Roma, il MAXXI è un’istituzione che stenta a farsi riconoscere il ruolo che le spetterebbe.
Nato per essere un museo di arte e architettura contemporanee, la sua è una struttura importante e che affascina, progettata da Zaha Hadid.
Questo binomio arte-architettura ha trovato finalmente un grande direttore artistico in Hou Hanru (侯瀚如).


Cinese di origine, vive tra Parigi e San Francisco, ed è stato curatore di numerose Biennali come quella di Venezia e di Shanghai.
Hanru ha stupito la Fondazione MAXXI con le sue proposte, tanto innovative da portare i dirigenti a sceglierlo come nuovo direttore artistico del museo fra venti candidati di fama internazionale.
“Il MAXXI è ancora un meraviglioso fiore che deve sbocciare”, queste le sue parole ai giornalisti dopo l’ufficializzazione della nomina.
L’entusiasmo di questo critico e curatore traspare anche dalle scelte messe in atto per far diventare il museo un luogo di incontro e ricerca di stili, in un dialogo sempre costante col visitatore che già si trova avvolto dalle linee tonde e coinvolgenti della struttura fin dall’ingresso, per correre poi lungo corridoi di vetro e gettarsi infine in mostre moderne e contemporanee che gli fanno sempre scoprire qualcosa in più su sé stesso.


La comunicazione, in un così forte periodo di crisi, deve reinventarsi, per andare incontro all’uomo che si trova a dover fronteggiare le avversità di tutti i giorni: solo la cultura può aiutare questo processo, e la sfida è quella di riflettere sempre di più sulle opportunità offerte dall’arte contemporanea. Obiettivo di Hanru è quello del dialogo: museo come centro di ricerca e non solo come mero spazio da esposizione.
La sfida non è impossibile, e si spera che questo grande curatore di fama internazionale riesca nell’impresa.
A lui auguriamo di riuscire a riproporre il MAXXI di Roma in una veste tutta nuova.
Visitare per credere.

FONTE: Rainews24

Chiara Mastronardo

giovedì 25 luglio 2013

Quando Carl Orff incontra Shen Wei




Sono stati dieci, i minuti di applausi che hanno accompagnato la fatica partenopea dei sette ballerini della Shen Wei Dance Arts, al termine dello spettacolo diretto dall’artista “sensazionalmente fantasioso”, come lo ha definito il New York Times, Shen Wei (沈偉).

Nato nel 1968 nello Hunan da padre coreografo, oltre che amante dell’opera occidentale e della secolare arte della calligrafia orientale, e da madre produttrice teatrale, Shen Wei muove i suoi primi passi in un mondo etereo fatto di arte e musica.
Vincitore di una borsa di studio, si trasferisce a New York per studiare, e la sua sarà una parabola ascendente.
Nel 2008 torna in patria per dirigere e coreografare il segmento “Scroll” delle Olimpiadi di Pechino, sotto la regia generale dell’acclamato collega Zhang Yimou, ma il suo primo riconoscimento internazionale risale addirittura al 1994.
E questo artista non sembra essere mai sazio di Sapere, come ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti, citando Confucio.

Dal 21 al 26 luglio Shen Wei dirigerà uno spettacolo visuale unico al Teatro San Carlo di Napoli, spettacolo in cui i ballerini da lui diretti eseguiranno coreografie su una musica che gli occidentali conoscono bene: i Carmina Burana di Carl Orff.
I trentadue ballerini del corpo di ballo sancarlino e i sette danzatori della Shen Wei Dance Arts si esibiranno su sfondi estremamente essenziali, cavallo di battaglia dell’artista cinese, mentre i cori verranno eseguiti dal Coro di Voci Bianche del Teatro San Carlo.
Il risultato di due anni di lavoro è strabiliante, la prima un successo.



La danza, per l’artista, è un linguaggio che né la musica né la parola possono sostituire.
La dedizione e l’impegno fusi in questo progetto altro non sono che spie di un’animo appassionato, che vede la danza come veicolo di emozioni e speculazioni.
La Ruota della Fortuna attorno cui girano i Carmina Burana di Orff è secondo Shen Wei un invito all’uomo contemporaneo a riscoprire l’essenziale, il trascorrere del tempo e delle stagioni, in un susseguirsi di assoli – musicali e scenici – che non hanno eguali, e che permettono di “toccare” la filosofia personale di un artista a tutto tondo, unico nel suo genere e importante voce di una nazione che cerca nell’arte quel singolo annichilito troppo spesso dal sistema.

Là dove l’improvvisazione trova addirittura libera uscita, in un mondo in cui spesso ogni movimento di un ballerino è invece codificato e studiato con attenzione, Shen Wei ci offre minuti di preziosa filosofia visiva, in uno spettacolo che mescola le nuove frontiere di Oriente e Occidente.

FONTE: RaiNews24, Teatro di San Carlo, L'Huffington Post

Chiara Mastronardo

martedì 9 luglio 2013

Zampe Sporche


Quello che è successo in Mongolia dall’inizio di maggio è una storia senza precedenti, dovuta forse alla crisi economica che ormai è diventata di portata globale.
La credenza che rare parti di animale abbiano poteri taumaturgici sembrava, se non estinta, ironicamente parlando, quantomeno indebolita.

La polizia di frontiera invece si è dovuta confrontare con un traffico prima sconosciuto, quello di zampe di orso bruno. La specie, che in Cina è protetta dalle leggi per la tutela degli animali, è stata messa a rischio da cacciatori di frodo e trafficanti che, uniti all’insegna del profitto comune, hanno dato la caccia agli esemplari e ne hanno amputato le zampe.
Ne sono state ritrovate 213, nascoste in un minivan che cercava di passare la frontiera fra Russia e Cina.



Se in Russia questi “rimedi” hanno un valore modesto, dalle zone della Mongolia in poi sono ricercatissimi, arrivando a costare quasi dieci volte tanto: un profitto notevole, per questi commercianti nomadi improvvisati.
A far scoprire il carico illegale è stato il nervosismo del conducente del pulmino, che, cosa che ha insospettito non poco la polizia di frontiera, controllava insistentemente l’orologio.
Al giorno d’oggi si penserebbe a carichi illegali di droga, perciò la sorpresa da parte delle autorità è stata tanta quando sono stati rinvenuti gli arti mozzati agli animali.

Zhang Xiaohai, un ufficiale della Animals Asia Foundation, ha detto ai microfoni dei giornalisti che il traffico di parti di animali rari è raddoppiato negli ultimi due anni.

In quella zona della Mongolia, Manzhouli, ha inoltre preso piede l’usanza di regalare zampe d’orso per eventi particolari, o di usarli come ingredienti speciali nella cucina tradizionale.
Ci sono ancora parecchi dubbi su chi possa permettersi regali tanto costosi, o pietanze tanto prelibate, vista la crisi che sembra risparmiare solo poche zone della Cina, ma tant’è.

Al momento i due trafficanti russi sono detenuti in Cina, in attesa del processo. Il loro guadagno si sarebbe aggirato intorno ai 2000 rubli per kg se avessero venduto la merce in Russia; in Cina lo stesso kg vale invece circa 5000 yuan.
L’epilogo del loro viaggio è stato nettamente diverso da quello che si aspettavano.

Ad oggi, questo è il più grosso traffico del genere in territorio cinese, ed è diventato presto un caso mediatico che ha portato le tv nazionali ad interessarti anche delle “bear farms” e della loro gestione.

FONTE: BBC News China, CCTV
FOTO: Chinanews.com

Chiara Mastronardo

giovedì 4 luglio 2013

War games?

  
Ha un nome fantascientifico e ricorda ai più il supercomputer di “War Games” il Tianhe-2, il computer più potente al mondo che in breve tempo ha scalato la lista Top 500, superando colleghi “cervelloni” come il Titan americano o il K computer giapponese.

Il Tianhe-2 non era atteso prima del 2015, e il fatto che i tecnici cinesi della National University Defence Technology siano riusciti a consegnare il sistema operativo due anni prima della data stabilita ha dell’incredibile – gli stessi tecnici hanno ammesso che l’avvenimento è sorprendente.

E sorprendente è anche la velocità con cui questo computer svolge i suoi calcoli: 33.86 petaflop/sec, l’equivalente di 33,860 trilioni di calcoli al secondo.
Il Tianhe-2 si configura nel progetto del Governo Cinese di competitività dell’industria tecnologica interna, l’obiettivo è quello di rendere più competitive le industrie locali e il Paese meno dipendente da tecnologia estera – nello specifico americana.
Infatti, anche se alcuni componenti sono di industrie rivali (il Tianhe-2 utilizza un processore Intel Ivy Bridge), Jack Dongarra dell’University of Tennessee ammette che il supercomputer è decisamente unico nel suo genere.
Fra le altre cose, il network è originale, e il sistema operativo è Kylin, che prende il nome da una mitica bestia orientale conosciuta all’estero come “Unicorno cinese”.

Sulla carta, Tianhe-2 è due volte più potente del numero due della Top 500, l’americano Titan: la tecnologia cinese ha fatto passi da gigante, se si pensa che il Tianhe-1A oggi è al decimo posto della lista.

Nonostante questo, la Cina non è il paese con più supercomputer, anzi, ne ha persi alcuni, convogliando tutte le sue forze sul progetto del Tianhe-2.
L’America possiede 252 macchine, la Cina ad oggi 66 (mentre prima il numero era di 72); seguono Giappone con 30, UK con 29, Francia con 23 macchine e Germania con 19.

Il Tianhe-2 verrà utilizzato dal Governo nell’ambito della difesa, oltre che per controllare cambiamenti climatici e immagazzinare informazioni utili a diverse organizzazioni nazionali.

FONTE: BBC News China

Chiara Mastronardo

giovedì 27 giugno 2013

È morto mons. Aloysius Jin Luxian, vescovo ufficiale di Shanghai

La vita
La Cina ha subito una dura perdita con la morte di una delle più importanti personalità della Chiesa cinese, mons. Jin. Vescovo ufficiale di Shanghai è morto il 27 aprile all’età di 97 anni dopo una lunga malattia.
Fu una personalità molto controversa accusato per anni di troppo patriottismo e di collusioni con il potere. Pochi anni fa si era riconciliato con la Santa Sede che lo aveva ordinato vescovo “ausiliare”, lasciando il posto di vescovo ordinario a mons. Giuseppe Fan Zhongliang.
Quella di mons. Jin è stata una vita controversa e travagliata. Da giovane frequentò collegi religiosi di suore e di gesuiti e a 22 anni prese parte alla Compagnia di Gesù. Quel periodo fu per la Cina un periodo di forti sconvolgimenti con la caduta dell’Impero e la nascita di una fragile Repubblica e di una Chiesa che iniziava a ordinare vescovi e sacerdoti di nazionalità cinese.
L’ascesa di Mao Zedong nel 1949 però, fu un momento critico. Questi infatti voleva un riscatto della Cina sul mondo intero e bollava la Chiesa e il papa come “cani randagi del capitalismo americano”. Mons. Jin si trovava dunque diviso tra la propria fede e la propria patria.
Nel frattempo mons. Jin completò la propria formazione in Francia e a Roma e torno in Cina solo nel 1951. Fu allora che insieme a mons. Gong e  altre centinaia di sacerdoti e laici fu arrestato e tenuto per 5 anni in isolamento. Venne poi nel 1960 condannato a 18 anni di carcere e mons. Gong fu condannato all’ergastolo (Viene rilasciato dopo 33 anni e muore nel 2000 esule negli Stati Uniti).
Fu allora che venne accusato di “collaborazione” con il regime, sebbene non ci siano mai state prove.
Nel 1972 viene rilasciato con la semilibertà e diviene definitivamente libero nel 1982. Viene scelto per aprire il seminario di Sheshan e diviene vescovo ausiliare di Shangai nel 1985 senza il mandato pontificio. Il vescovo patriottico è invece mons. Aloysius Zhang Jiashu, mentre mons. Gong rimane in carcere.
Nel 1988 diviene ufficialmente vescovo di Shangai e si dedica ad una fantastica opera di rinnovamento: restauro di edifici religiosi, rafforzamento di seminaristi e pubblicazioni in cinese. Inoltre grazie ai suoi buoni rapporti con il partito ottiene la libertà di nominare il papa nel canone della messa e di utilizzare libri liturgici in cinese che il governo proibiva perché segno di obbidienza alla Chiesa di Roma.
Mons. Jin tuttavia rimane un vescovo patriottico. Nel 2005 però si riconcilia con la Santa Sede, che stabilisce che il mons. Fan sia il vescovo ordinario e che mons. Jin sia il vescovo ausiliare. Inoltre il Vaticano chiede a entrambi di scegliere un successore che trovano in mons. Giuseppe Xing Wenzhi, che però per cause ancora sconosciute dà le dimissioni nel 2012. Lo scorso 7 luglio è stato nominato successore il vescovo Taddeo Ma Daqin.
I funerali
In occasione della morte di mons. Jin si sono svolti due diversi funerali, uno religioso ed uno civile. Il funerale religioso di è tenuto il 29 di aprile nella cattedrale di Sant’ Ignazio nel quartiere Xujiahui ed è stata presieduta da Wu Jianlin, un sacerdote.
Hanno partecipato alla cerimonia migliaia di fedeli, il mons. Jin era molto amato nonostante sia stato un vescovo “patriottico”. Pur non avendo mai avuto una netta contrapposizione con il governo, ha portato rinnovamento nella Chiesa di Shangai e dell’intera Cina.
Avrebbe però dovuto presiedere la cerimonia il successore nominato da Jin mons. Ma, che però ha deciso di uscire dall’Associazione patriottica (che gestisce in toto la religione) ed è quindi stato arrestato e confinato in isolamento nel seminario di Sheshan.
I funerali civili si sono svolti invece il 2 maggio a Longhua nella sala per i funerali. Si sono radunati le autorità del governo, più di 100 sacerdoti e duemila fedeli. Anche la Santa Sede è intervenuta ma non sappiamo ancora precisamente il messaggio.
Nemmeno alla cerimonia civile  è potuto essere presente il mons. Ma Daqin.
Il consiglio dei vescovi ufficiale su pressione dell’ Associazione patriottica ha deciso di strappare il titolo a mons. Ma, anche se non ha l ‘autorità per farlo e la Santa Sede non riconosce tale decisione. La condizione della Chiesa di Shanghai rimane quindi critica, senza una guida.
La libertà di culto è per i paesi occidentali un qualcosa di imprescindibile e scontato però al giorno d’oggi per molti paesi non è ancora così purtroppo.
Martina Maruna

Le sedici albe di Ms. Wang

E’ del 20 giugno il primo messaggio inviato dallo spazio dall’astronauta Wang Yaping, la seconda donna asiatica inviata su una stazione spaziale orbitante. Wang Yaping ha spiegato in videoconferenza a gravità zero i principi della fisica agli studenti di una classe di Pechino, aiutata da un collega e da alcuni strumenti presenti nella navetta.

La videoconferenza in diretta si è tenuta dal laboratorio Tiangong-1, dove l’astronave Shenzhou è attraccata. La missione a cui partecipa Wang Yaping dovrebbe terminare intorno al 20 di giugno, ma intanto gli astronauti si tengono impegnati con le ricerche.

La donna, con l’aiuto del collega Nie Haisheng, ha spiegato ai giovani studenti come le leggi che regolano la Terra non siano più valide nello spazio, e ha risposto alle domande dei ragazzi attraverso un feedback messo a punto per l’occasione – così hanno riferito i media locali.

A porre le domande sono stati studenti di scuola primaria e secondaria, affascinati dal lavoro che gli astronauti cinesi stanno svolgendo sulla Stazione, divisa in più blocchi, già da qualche tempo. Wang Yaping ha spiegato, oltre alle principali leggi della fisica, com’è la sua percezione del mondo da lassù: le stelle che brillano, spettacolari, e il cielo oscuro sono le cose che più l’hanno scossa durante il viaggio. A consolarla, però, c’erano le sedici albe di ogni giorno, dato che gli astronauti compiono un giro completo intorno al nostro pianeta ogni novanta minuti.

Con gli occhi sullo schermo e il cuore rivolto allo spazio, il Ministero dell’Educazione ha riportato che oltre 60 milioni di persone, fra studenti e insegnanti, hanno assistito alla conferenza di Wang Yaping.

Mentre grazie all’assenza di gravità la donna creava una sfera d’acqua sospesa a mezz’aria, chissà che qualcuno non abbia pensato ad una magia, ad un incantesimo perfetto riuscito a migliaia di chilometri da Pechino.Là dove la magia del mondo è soppiantata da una realtà sempre più ingombrante, è bello vedere come lo spazio riesca ancora a far sognare grandi e piccoli. E la scienza, a far capire come la ricerca sia sempre più importante per comprendere da dove veniamo – per ricordarlo, anche, agli astronauti che per mesi vedono con occhi nuovi il loro “pianeta natale” – e, soprattutto, verso che mondo stiamo andando.

FONTE: BBC News China

Chiara Mastronardo


giovedì 7 marzo 2013

Sherlock a Shanghai



Trama


Nella Cina repubblicana degli anni venti, a Shanghai si svolgono le indagini di Huo Sang, un investigatore privato che, assieme al suo assistente Bao Liang, distica e risolve i casi più intricati.
Una figura determinata e decisa che, protagonista dei sette racconti polizieschi descritti nel libro, si muove in una Shanghai in mutamento, testimone di crimini e di ingiustizie, ma, allo stesso tempo, luminosa di ricchezza e modernità.

In un periodo in cui sono in atto drastici cambiamenti culturali e politici prodotti dal confluire di idee e valori stranieri che influenzarono soprattutto le grandi aree urbane, si presenta così il paesaggio che fa da sfondo alle vicende di Huo Sang, lo Sherlock Holmes cinese, icona della nuova narrativa poliziesca in Cina.

Biografia

Cheng Xiaoqing nasce nella vecchia Shanghai nel 1893, ed è il più famoso autore di detective stories cinesi della prima metà del Novecento.

Ebbe un'infanzia molto povera, dovette abbandonare presto gli studi e, all'età di sedici anni, fu assunto in una fabbrica di orologi. Iniziò così a leggere molto ed a scrivere; pubblicò due novelle i cui guadagni gli permisero di iscriversi ad un corso di lingua inglese presso l'YMCA di Shanghai.
Nel 1915, Cheng accettò l'incarico di insegnante di dialetto Wu, o Shanghaiese, e continuò a studiare. La sua padronanza dell'inglese migliorò al punto di consentirgli una stretta collaborazione con Sir Arthur Conan Doyle per la traduzione in cinese classico dei suoi racconti.
Il lavoro di traduzione migliorò anche il suo impegno creativo, e così iniziò a comporre proprie opere letterarie, la prima delle quali fu “La Rondine della Cina meridionale” nel 1919.

Gli anni che Cheng Xiaoqing dedica alla traduzione di Sherlock Holmes hanno certamente influenzato le idee e lo stile che lo scrittore cinese fonda nelle sue opere tanto innovative per la letteratura del suo Paese.
E' possibile quasi tracciare un parallelo tra la Londra di fine Ottocento e la Shanghai degli anni '20, tra Huo Sang e Bao Lang e Sherlock Holmes e Jonh Hamish Watson, tra il loro appartamento in Aiwen Road piuttosto che in Baker Street.
Cheng parla di una Cina che sta cambiando, una Cina che vive la nascente Repubblica, animata dal fiorire di ideali e riforme, come di critiche e fallimenti. 
Una realtà che sposta l'attenzione della narrativa che, allontanandosi dalla tradizione, ritrova il piacere dell'intrattenimento.
La narrativa, infatti, divenne un mezzo naturale per accogliere le incursioni culturali dall'Occidente, si fece portatrice del “rinnovamento” tanto sperato dai riformatori cinesi del tempo.
Attraverso l'esempio di Shanghai, Cheng mostra il passaggio dal vecchio, dall'immobile, dal decadente al nuovo, al dinamico, al moderno.
Egli è un autore occidentalizzante, che accolse l'innovazione senza mai rifiutare il suo passato o trascurare le difficoltà del suo Paese.
Cheng Xiaoqing faceva parte di quegli scrittori di narrativa di evasione che era nota con il dispregiativo di “racconti del sabato”, ed erano considerati inferiori alla narrativa di autori dagli scritti politici, ma tutto ciò non fermò la voglia di Cheng di raccontare, di suggerire sguardi critici, di mostrare come, migliorando sé stessi, si migliora il proprio Paese.

Federica Agnese