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lunedì 4 gennaio 2016

I Tesori della Cina Imperiale

Tesori della Cina Imperiale
Che il rapporto tra Italia e Cina sia sempre più stretto non lo dimostrano solo gli accordi economici, e la volontà da parte degli italiani di studiare sempre di più la lingua Cinese (come dimostrano le recenti stime relative alle iscrizioni universitarie); questo "link", questo ponte è reso ancor più solido dai tantissimi scambi interculturali presente sui suoli nazionali.
Il più recente, che parte a luglio 2015  continuerà per tutto l'inizio del 2016 è la mostra "Tesori della Cina Imperiale: l'età della rinascita fra gli Han e i Tang". Il polo museale di Palazzo Venezia a Roma diventa nuovamente la sede di una grande mostra a tema orientale, trasportandoci nella Cina di due grandi e importanti Dinastie.

I reperti, che provengono dal Museo Provinciale dello Henan, sono oltre cento, e fiore all'occhiello dell'esposizione è senza dubbio la veste funeraria imperiale, composta da 2000 listelli di giada legati tra loro con del filo d'oro. 

Le quattro sale sono divise in una "prefazionale", dove all'introduzione in Italiano si affiancano pannelli in Cinese e un video sottotitolato; una dedicata alla vita quotidiana, forse la più ampia dell'intera mostra, dove appaiono grandi riproduzioni in ceramica di case, stalle, fattorie di epoca Han; una seconda parte dedicata alle influenze religiose, con spiegazioni dettagliate delle credenze del periodo, con particolare attenzione riservata al sincretismo tra confucianesimo, buddismo e taoismo; una parte finale, dedicata ai cambiamenti nella società dei Tang, dove sono esposti i lavori nei "tre colori" Tang e statue alte fino a 35 cm con le diverse "mode" in auge nel periodo. 

Oltre alle traduzioni in Cinese, le sale espongono anche schermi dedicati agli scavi e al Museo dello Henan da cui provengono le opere esposte. E' interessante la digitalizzazione della mostra, che si muove sui Social grazie all'hashtag #cinaimperiale, grazie al quale è possibile apprezzare foto scattate da professionisti ed essere sempre aggiornati su notizie e dietro-le-quinte. 

Sicuramente un evento da non farsi sfuggire, per festeggiare l'anno nuovo, ma anche l'arrivo a breve dell'Anno della Scimmia!

Per info, basta visitare il sito del Museo Nazionale di Palazzo Venezia, e buon viaggio su questa Via della Seta nel cuore della Città Eterna. 


Chiara Mastronardo

sabato 2 maggio 2015

Il Festival dell'Oriente è a Roma


Approda anche a Roma il Festival dell'Oriente, giunto ormai alla sua XI Edizione.
Dal 24 al 26 aprile, e ancora dal 30 aprile al 3 maggio sarà possibile recarsi alla Nuova Fiera di Roma per assistere a spettacoli continui 10-22 (la fiera chiude infatti alle 22.30) e partecipare a grandi conferenze che spaziano dalle Cerimonie del The tra Giappone e Cina, all'arte marziale, alla musica curativa.
Da non perdere, il Taiko, concerto di tamburi giapponesi, e la 舞獅 (la Danza del Leone che chi ci legge assiduamente già dovrebbe conoscere) eseguita sui pali: perfetto esempio di arte marziale e spettacolo, portata ora ai suoi estremi; grande dimostrazione di equilibrio di spirito e corpo.


Il vastissimo programma degli organizzatori è reperibile sul sito, e gli spettacoli e le conferenze sono supportati da ambasciate di tutta l'Asia Orientale e Meridionale.
Sono coinvolti gruppi itineranti che vi appassioneranno con le loro musiche gitane, cantanti liriche che si esibiranno nel caratteristico stile dell'Opera di Pechino, in un susseguirsi di eventi che, tra passeggiate e laboratori interattivi, inframmezzati da piccole soste per assaggiare cibi tipici vi trasporteranno in un'altra dimensione.


Tra i nomi più in vista dell'evento ci sono sicuramente la Maestra di antica cetra cinese, il 古箏 (guzheng), Lin Sha Yang, l'artista Yang Yi, e svariate associazioni culturali tra cui l'Associazione Giovane Cina che cura la parte dedicata alla Calligrafia Cinese.





Chiara Mastronardo

FONTE: festivaldelloriente.net
FOTO: festivaldelloriente.net

sabato 14 febbraio 2015

羊年快樂!

E' l'anno della Capra! 
I festeggiamenti sono iniziati il 14 febbraio in tutto il mondo, e se già da un po' l'esportazione di gadget a forma di capretta imperversava in tutta Europa, è proprio oggi il giorno migliore per festeggiare questo nuovo anno che porterà ricchezza e gioia -  secondo la Tradizione. 

A Roma, così come anche in altre città italiane con grandi comunità cinesi ben integrate nel territorio, la festa è cominciata alle due del pomeriggio lungo Via del Corso, per poi procedere fino alle otto di sera, a Piazza del Popolo. 
Un grande palco ha accolto la Compagnia teatrale di ragazzi vincitori di una famosissima competizione circense in Cina, oltre ad ospitare una singolare lotteria in cui in palio, tra le altre cose, c'era un viaggio per due persone proprio nel continente asiatico.


Ad aprire l'evento, la spettacolare 舞獅 (wushi), la Danza del Leone, da non confondere con la ben più famosa 舞龍 (wulong), la Danza del Dragone.
La 舞獅 infatti viene messa in scena da due soli danzatori, mentre ne servono molti di più per una Danza del Drago, ma la sua particolarità è lo stretto legame che ha con le arti marziali: pochi sanno infatti che i passi eseguiti dai ballerini sono mosse estremamente antiche e potenzialmente letali.
Ai due dragoni si sono affiancate ballerine che in abiti tradizionali hanno eseguito una danza anch'essa legata al Kung-Fu, con l'aiuto di splendidi ventagli riccamente decorati.

Lo spettacolo, strutturato come una narrazione delle tradizioni millenarie della Cina, è seguita un'esibizione a dir poco acrobatica del corpo di ballo, le cui fanciulle hanno danzato tenendo tra le mani grandi lanterne e attendendo l'entrata del bellissimo assolo tra Imperatrice e Imperatore nel Giardino Celeste.


Questa danza, di epoca Tang, era accompagnata da flauti e strumenti a fiato, e raffigurava l'Imperatore che, destatosi da un profondo sonno scosso da sogni, insegue la sua amata nel Giardino. Solo lei sarà capace di calmare i cuoi dubbi e renderlo amorevole, in uno scambio di passi di danza e musica molto toccanti.


Come a dire, ad ogni principe la sua principessa.
Alle danze Tang sono seguite esibizioni davvero sorprendenti e impossibili da catturare con una macchinetta fotografica, in cui il gruppo si è cimentato in complessi numeri acrobatici, tra cui anche quello che gli è valso il premio di "Migliore della Cina".

Dato che l'anno cinese comincia a febbraio, quest'anno per puro caso il 14, e le celebrazioni terminano solo dieci giorni dopo con la bellissima Festa delle Lanterne, a seguito dei numeri acrobatici si è potuto assistere ad altri esempi di musica, come il concerto con strumenti tradizionali dedicato all'avvicinarsi della Primavera:






Prima del grande spettacolo pirotecnico organizzato per l'occasione sulla terrazza del Pincio, l'ultima danza è stata dedicata alla Gioventù e all'Amore, forze estreme fuse alla perfezione nell'esibizione di una singola danzatrice in abiti tradizionali caratterizzati da influenze di popoli di tutta l'Asia Orientale. La sua grazia e i suoi movimenti eterei sono qualcosa che tutto il pubblico ha cercato di immortalare, e che certo hanno comunicato a tutti noi la vicinanza di terre così lontane, ma soprattutto, delle persone che le popolano.



Chiara Mastronardo

venerdì 24 ottobre 2014

Il supplizio del legno di sandalo



Guǎn Móyè (管謨業), classe 1955, Shandong, Gaomi. 
Cina.

Il nome dirà poco, ai più, se non si aggiunge qualcos'altro al curriculum: un premio Nobel, quello per la Letteratura, ottenuto nel 2012. Questo altissimo riconoscimento è solo l'ultimo di quelli che Mo Yan (莫言, letteralmente "colui che è senza parola") può vantare nel suo repertorio. 

Con Sorgo Rosso (红高粱家族Mo Yan aveva affascinato milioni di lettori in tutto il mondo, con le sue storie e i suoi racconti raccolto innumerevoli consensi da una parte all'altra del mondo, facendo uscire in modo prorompente dalla Cina continentale una realtà a volte taciuta, quella dell'artista, dello scrittore che pubblica per la patria ma soprattutto per parlare di essa. 
Per la prima volta, nel 1986 - 1988 la pubblicazione integrale in Italia - è possibile ammirare in tutta la sua freschezza e anche con un brivido di crudezza la storia della Cina, vista attraverso gli occhi di diversi personaggi, famiglie, in questo caso clan, legati tra loro da fili sottili di amore, dolore, dedizione, onore. Sullo sfondo, la nascita della Cina moderna.
Non è un caso quindi, che persino il film tratto dalla prima parte del libro abbia vinto l'Orso d'Oro a Berlino - con un regista di eccezione dietro la cinepresa, Zhāng Yìmóu (張藝謀).

Nel 2012 Mo Yan torna a parlare del suo paese, stavolta attraverso un'opera epica, sofferta, che si addentra come un coltello nella società rurale di Gaomi, non a caso suo paese natale, dando sfogo alle preoccupazioni e alle serpeggianti rivalità politiche di uno Stato che per la prima volta si trova a fronteggiare lo straniero: i Tedeschi. 
Il paesaggio che cambia per colpa della costruzione di una ferrovia degli europei è infatti alla base delle vicende di Sun Bing, eroe per caso, martire per scelta. 
Questo attore dell'opera dei gatti -  stile peculiare delle compagnie teatrali della Cina dell'800 - con una barba da fari invidia perfino al giovane Magistrato della zona, perde tutto per colpa di un manipolo di militari tedeschi, innescando una catena di eventi che lo porterà in ginocchio davanti il Boia di corte, la "Nonna" Zhao Jia. 

Il rapporto tra questi due personaggi, che si ritrovano l'uno davanti all'altro solo nelle pagine finali del racconto, sembra diventare un nodo inestricabile man mano che la lettura procede tra analessi e prolessi, senza un apparente ordine cronologico, almeno fino ai capitoli dove il supplizio a cui è stato condannato Sun Bing verrà messo in atto. 
La storia del Ministero delle Punizioni e della politica Imperiale si fonde con l'interpretazioni delle leggi da parte del popolo, o della sofferenza di quest'ultimo per le applicazioni che la classe dirigente ne fa.
I punti di vista dei personaggi sono resi con crudezza e realtà mimetiche, senza un evidente podio da assegnare: nella gara della vita, Sun Bing dovrebbe essere un perdente, eppure lui e Zhao Jia seppur nemici, rappresentano l'Arte in tutte le sue forme, arte che per uno risiede nel canto, mentre per l'altro nel dare la morte soddisfacendo così le pretese della borghesia. 

Il personaggio di Sun Bing muove a simpatia per la cura con cui tratta la sua barba, per l'importanza che dà al suo lavoro - anche se gli ha allontanato moglie e figlia - e il dolore con cui affronta la perdita della sua seconda moglie e del figlio. L'atto die tedeschi verrà punito con inaudita crudeltà, ma a farne le spese sarà proprio Sun Bing, andato in cerca di vendetta e poi coinvolto nelle ribellioni dei Boxer che lo porteranno all'inevitabile incontro con Zhao Jia. 

La Nonna, dal canto suo, aveva rinunciato da tempo al suo compito di morte.
Sì, perché diventare "Nonna" nel gergo dei boia del Ministero delle Punizioni significa essere la più alta carica della legge, subito sotto l'Imperatrice e l?imperatore: l'onore più grande,portare la legge laddove viene richiesta. E Zhao Jia era unico e perfetto nel suo compito, portato sempre a termine con onore e dedizione. Un vero e proprio Credo il suo, riconosciuto persino dalla Regina Madre.
Ritiratosi a vita privata, anziano, ospitato dai monaci, Zhao Jia viene richiamato dalla Casa Reale per un ultimo compito: l'esecuzione del ribelle Sun Bing, nel distretto di Gaomi. 

Questo porterà il Boia ad incontrarsi con la Figlioccia del Magistrato, moglie di suo figlio che ormai aveva dimenticato, lasciato indietro. Moglie, Mei Niang, che non è nient'altro che la primogenita di Sun Bing. Boia e Attore così dovranno inscenare "il capolavoro della propria vita e della propria morte", come è scritto sull'edizione Einaudi (collana ET gli Struzzi), in un continuo vortice di vita e morte che li porterà all'ingresso della Cina nell'epoca moderna. 

Chiara Mastronardo

giovedì 17 luglio 2014

Roma - Mawangdui A/R



Roma città d'arte, Roma che d'estate si illumina con le sue decine di manifestazioni, Roma che va incontro ai gusti di tutti, e che soprattutto si tinge di rosso: il rosso degli spritz sul Tevere, il rosso dei fuochi d'artificio a Castel Sant'Angelo, il rosso dei tramonti di Turner (in mostra a Palazzo Sciarra, assieme ad opere di Hogarth e Reynolds) e il rosso più scarlatto di tutti, quello delle magnifiche lacche cinesi di Mawangdui, esposte al pubblico per la prima volta a Palazzo Venezia.

Fino al 16 febbraio turisti e abitanti capitolini potranno avere questa unica occasione di conoscere la famiglia di Li Cang, il primo ministro dello stato di Changsha.
La mostra "Le leggendarie tombe di Mawangdui - arte e vita nella Cina del II secolo a.C." infatti ripercorre i passi della famiglia del primo ministro partendo dai reperti del più grande scavo funebre dai tempi della scoperta della tomba di Tutankhamon. 
Fiore all'occhiello dello Hunan Museum di Changsha, i reperti esposti nelle otto sezioni della mostra seguono l'evoluzione di buon gusto ed estetica tipici dell'epoca degli Han Occidentali, cercando attraverso pannelli integrativi realizzati in tre lingue (italiano, inglese e cinese semplificato) e panel espositivi digitali sottotitolati, di descrivere quella che è stata la sorpresa del ritrovamento negli anni '70, il lavoro dietro lo scavo e la restituzione alla bellezza delle lacche che accompagnavano il corredo di Xin Zhui, moglie del primo ministro. 



Il ritrovamento della tomba fu fortuito: durante uno scavo un fuoco fatuo sorprese gli operai, che vennero guidati alla scoperta poi portata avanti da più che responsabili archeologi. 
Vennero ritrovate lacche perfettamente conservate, sete di finissima qualità, e per la prima volta si poterono toccare con mano testi iscritti su listarelle di bambù: prima del ritrovamento a Mawangdui infatti questa tecnica era conosciuta dagli studiosi, ma nessuno aveva mai potuto ritrovare reperti integri da esporre, a causa della natura del supporto. 

La tomba di Mawangui è anche un capolavoro di tecniche edili: di forma conica, profonda sedici metri, era sovrastata da un tumulo di quattro metri e mezzo. Per conservare al meglio La Marchesa, come veniva chiamata Xin Zhui, il tumulo fu poi coperto di terra pressata, isolando così i ben tre sarcofagi, adagiati in uno strato di carbone vegetale e argilla bianca, che custodivano il corpo (l'ultimo di questi pieno addirittura di un liquido battericida che ha conservato La Marchesa fino al ritrovamento in condizioni straordinariamente soffici).



Anche se la mummia, così unica nel suo genere da creare il termine archeologico "ritrovamento di stile Mawangdui", non è esposta, la mostra offre un percorso intenso attraverso gli usi e costumi della regione di Changsha ai tempi degli Han Occidentali: il corredo della famiglia di Li Cang è stato infatti conservato in maniera eccezionale, tanto che gli archeologi sono stati in grado di ritrovare il cibo che era stato seppellito con i defunti. 

Il corredo personale di Xin Zhui rappresenta il più squisito dei corredi femminili: le sete istoriate, i trattati di salute e scienza (interessantissimo quello sulla forma e velocità delle comete), e la magnifica veste di seta di soli 38 grammi, che arriva a pesarne 25 se privata dei polsini.
Oppure, ancora, i magnifici teli che coprivano i suoi tre sarcofagi, avvolti in sete di broccato con motivi "a nuvola" o  "a fenice". Meraviglioso, infine, lo stendardo funerario della Marchesa, una grande seta a T dove ella stessa nella scena centrale officia il suo funerale, sovrastata da immagini di paradiso e con sotto di lei un inferno che, oltre un disco di giada dove si intrecciano due draghi, non può toccarne l'anima pura.



Da settembre a febbraio Palazzo Venezia offre anche una serie di workshop per chi fosse interessato alle tecniche di conservazione di lacche e sete: questi supporti tanto cedevoli infatti necessitano di una particolare attenzione da parte degli studiosi, e il corredo di Mawangdui rappresenta, appunto, il più grande e meglio conservato esempio di questa tecnica. 



La mostra fa venire voglia, più che di prendere un biglietto aereo, di costruire una macchina del tempo, per essere presenti con chi ha preso parte al ritrovamento, e che rivive grazie ai panel digitali installati in alcune sezioni che riproducono i video degli anni '70 durante la sensazionale scoperta e catalogazione; o di tornare ancora più indietro, e più che al funerale della bellissima Xin Zhui, a quando ella nel fiore degli anni, coperta di sete di broccato, versava il the nelle sue magnifiche lacche, osservando il figlio andare a caccia nelle grandi distese di Changsha.




FOTO: realizzate grazie all'entrata in vigore nel giugno 2014 del "Decreto Franceschini", per maggiori informazioni visitare il sito di Palazzo Venezia

Chiara Mastronardo

mercoledì 18 dicembre 2013

Prato: sguardi sul rogo



La mattina del 1 dicembre 2013, in una fabbrica cinese della città di Prato è divampato un incendio che ha causato la morte di sette dipendenti della ditta. La tragedia è stata riportata dai maggiori giornali italiani e cinesi con sfumature differenti.
Tra le testate cinesi, è interessante notare una differenza tra il modo di trattare la notizia in un giornale nazionale come il Quotidiano del Popolo, e in un giornale locale come ad esempio il Quotidiano di Wenzhou. La prima fonte sottolinea in apertura le condizioni di lavoro spesso carenti delle fabbriche cinesi in Italia, e poi ipotizza che l'incidente potrà influire sui rapporti tra i due paesi, probabilmente determinando un cambio di atteggiamento delle autorità italiane nei confronti delle aziende cinesi.
La fonte di Wenzhou, la municipalità da cui proviene la maggior parte dei cinesi in Italia, descrive invece l'incidente in sé, sottolineando il dolore dei familiari e riportando alcune dichiarazioni di Zhou Rongjing, presidente dell'Associazione dei commercianti cinesi in Italia, che riferisce alcuni dettagli sull'intervento delle forze dell'ordine e sulla provenienza delle vittime.
Molti articoli italiani, fin dal titolo, rimarcano soprattutto le pessime condizioni di lavoro dei dipendenti cinesi nelle fabbriche, tema ripreso anche dalla console generale cinese a Firenze, la dott.ssa Wang Xinxia, che ha ammonito la comunità locale e le associazioni degli imprenditori cinesi sul territorio a rispettare le leggi vigenti e ad attuare misure efficaci per evitare altri incidenti. La console ha in particolare ricordato i divieti di improvvisare dormitori e cucine in fabbrica, esortando imprenditori ed operai a contattare immediatamente le autorità qualora si accorgessero di situazioni irregolari.
Nel frattempo l’indagine aperta a seguito dell’incidente ha portato all’arresto di 11 persone, italiane e cinesi, accusate di associazione a delinquere, poiché avrebbero falsificato i certificati di residenza dei dipendenti cinesi. 
Dopo l’incidente di Prato, alcuni assessorati al lavoro, anche di altre regioni, hanno già convocato riunioni per approntare nuove misure per assicurare le condizioni di lavoro e i diritti dei lavoratori nelle ditte cinesi. È realistico che reazioni simili continuino a verificarsi nel prossimo periodo.
FONTE: tnc.com, chinanews.com, world.people.com
FOTO: tg24.sky.it 
Chen Yijing

giovedì 26 settembre 2013

Il MAXXI linguaggio della contemporaneità


A Roma, il MAXXI è un’istituzione che stenta a farsi riconoscere il ruolo che le spetterebbe.
Nato per essere un museo di arte e architettura contemporanee, la sua è una struttura importante e che affascina, progettata da Zaha Hadid.
Questo binomio arte-architettura ha trovato finalmente un grande direttore artistico in Hou Hanru (侯瀚如).


Cinese di origine, vive tra Parigi e San Francisco, ed è stato curatore di numerose Biennali come quella di Venezia e di Shanghai.
Hanru ha stupito la Fondazione MAXXI con le sue proposte, tanto innovative da portare i dirigenti a sceglierlo come nuovo direttore artistico del museo fra venti candidati di fama internazionale.
“Il MAXXI è ancora un meraviglioso fiore che deve sbocciare”, queste le sue parole ai giornalisti dopo l’ufficializzazione della nomina.
L’entusiasmo di questo critico e curatore traspare anche dalle scelte messe in atto per far diventare il museo un luogo di incontro e ricerca di stili, in un dialogo sempre costante col visitatore che già si trova avvolto dalle linee tonde e coinvolgenti della struttura fin dall’ingresso, per correre poi lungo corridoi di vetro e gettarsi infine in mostre moderne e contemporanee che gli fanno sempre scoprire qualcosa in più su sé stesso.


La comunicazione, in un così forte periodo di crisi, deve reinventarsi, per andare incontro all’uomo che si trova a dover fronteggiare le avversità di tutti i giorni: solo la cultura può aiutare questo processo, e la sfida è quella di riflettere sempre di più sulle opportunità offerte dall’arte contemporanea. Obiettivo di Hanru è quello del dialogo: museo come centro di ricerca e non solo come mero spazio da esposizione.
La sfida non è impossibile, e si spera che questo grande curatore di fama internazionale riesca nell’impresa.
A lui auguriamo di riuscire a riproporre il MAXXI di Roma in una veste tutta nuova.
Visitare per credere.

FONTE: Rainews24

Chiara Mastronardo