giovedì 4 luglio 2013

War games?

  
Ha un nome fantascientifico e ricorda ai più il supercomputer di “War Games” il Tianhe-2, il computer più potente al mondo che in breve tempo ha scalato la lista Top 500, superando colleghi “cervelloni” come il Titan americano o il K computer giapponese.

Il Tianhe-2 non era atteso prima del 2015, e il fatto che i tecnici cinesi della National University Defence Technology siano riusciti a consegnare il sistema operativo due anni prima della data stabilita ha dell’incredibile – gli stessi tecnici hanno ammesso che l’avvenimento è sorprendente.

E sorprendente è anche la velocità con cui questo computer svolge i suoi calcoli: 33.86 petaflop/sec, l’equivalente di 33,860 trilioni di calcoli al secondo.
Il Tianhe-2 si configura nel progetto del Governo Cinese di competitività dell’industria tecnologica interna, l’obiettivo è quello di rendere più competitive le industrie locali e il Paese meno dipendente da tecnologia estera – nello specifico americana.
Infatti, anche se alcuni componenti sono di industrie rivali (il Tianhe-2 utilizza un processore Intel Ivy Bridge), Jack Dongarra dell’University of Tennessee ammette che il supercomputer è decisamente unico nel suo genere.
Fra le altre cose, il network è originale, e il sistema operativo è Kylin, che prende il nome da una mitica bestia orientale conosciuta all’estero come “Unicorno cinese”.

Sulla carta, Tianhe-2 è due volte più potente del numero due della Top 500, l’americano Titan: la tecnologia cinese ha fatto passi da gigante, se si pensa che il Tianhe-1A oggi è al decimo posto della lista.

Nonostante questo, la Cina non è il paese con più supercomputer, anzi, ne ha persi alcuni, convogliando tutte le sue forze sul progetto del Tianhe-2.
L’America possiede 252 macchine, la Cina ad oggi 66 (mentre prima il numero era di 72); seguono Giappone con 30, UK con 29, Francia con 23 macchine e Germania con 19.

Il Tianhe-2 verrà utilizzato dal Governo nell’ambito della difesa, oltre che per controllare cambiamenti climatici e immagazzinare informazioni utili a diverse organizzazioni nazionali.

FONTE: BBC News China

Chiara Mastronardo

giovedì 27 giugno 2013

È morto mons. Aloysius Jin Luxian, vescovo ufficiale di Shanghai

La vita
La Cina ha subito una dura perdita con la morte di una delle più importanti personalità della Chiesa cinese, mons. Jin. Vescovo ufficiale di Shanghai è morto il 27 aprile all’età di 97 anni dopo una lunga malattia.
Fu una personalità molto controversa accusato per anni di troppo patriottismo e di collusioni con il potere. Pochi anni fa si era riconciliato con la Santa Sede che lo aveva ordinato vescovo “ausiliare”, lasciando il posto di vescovo ordinario a mons. Giuseppe Fan Zhongliang.
Quella di mons. Jin è stata una vita controversa e travagliata. Da giovane frequentò collegi religiosi di suore e di gesuiti e a 22 anni prese parte alla Compagnia di Gesù. Quel periodo fu per la Cina un periodo di forti sconvolgimenti con la caduta dell’Impero e la nascita di una fragile Repubblica e di una Chiesa che iniziava a ordinare vescovi e sacerdoti di nazionalità cinese.
L’ascesa di Mao Zedong nel 1949 però, fu un momento critico. Questi infatti voleva un riscatto della Cina sul mondo intero e bollava la Chiesa e il papa come “cani randagi del capitalismo americano”. Mons. Jin si trovava dunque diviso tra la propria fede e la propria patria.
Nel frattempo mons. Jin completò la propria formazione in Francia e a Roma e torno in Cina solo nel 1951. Fu allora che insieme a mons. Gong e  altre centinaia di sacerdoti e laici fu arrestato e tenuto per 5 anni in isolamento. Venne poi nel 1960 condannato a 18 anni di carcere e mons. Gong fu condannato all’ergastolo (Viene rilasciato dopo 33 anni e muore nel 2000 esule negli Stati Uniti).
Fu allora che venne accusato di “collaborazione” con il regime, sebbene non ci siano mai state prove.
Nel 1972 viene rilasciato con la semilibertà e diviene definitivamente libero nel 1982. Viene scelto per aprire il seminario di Sheshan e diviene vescovo ausiliare di Shangai nel 1985 senza il mandato pontificio. Il vescovo patriottico è invece mons. Aloysius Zhang Jiashu, mentre mons. Gong rimane in carcere.
Nel 1988 diviene ufficialmente vescovo di Shangai e si dedica ad una fantastica opera di rinnovamento: restauro di edifici religiosi, rafforzamento di seminaristi e pubblicazioni in cinese. Inoltre grazie ai suoi buoni rapporti con il partito ottiene la libertà di nominare il papa nel canone della messa e di utilizzare libri liturgici in cinese che il governo proibiva perché segno di obbidienza alla Chiesa di Roma.
Mons. Jin tuttavia rimane un vescovo patriottico. Nel 2005 però si riconcilia con la Santa Sede, che stabilisce che il mons. Fan sia il vescovo ordinario e che mons. Jin sia il vescovo ausiliare. Inoltre il Vaticano chiede a entrambi di scegliere un successore che trovano in mons. Giuseppe Xing Wenzhi, che però per cause ancora sconosciute dà le dimissioni nel 2012. Lo scorso 7 luglio è stato nominato successore il vescovo Taddeo Ma Daqin.
I funerali
In occasione della morte di mons. Jin si sono svolti due diversi funerali, uno religioso ed uno civile. Il funerale religioso di è tenuto il 29 di aprile nella cattedrale di Sant’ Ignazio nel quartiere Xujiahui ed è stata presieduta da Wu Jianlin, un sacerdote.
Hanno partecipato alla cerimonia migliaia di fedeli, il mons. Jin era molto amato nonostante sia stato un vescovo “patriottico”. Pur non avendo mai avuto una netta contrapposizione con il governo, ha portato rinnovamento nella Chiesa di Shangai e dell’intera Cina.
Avrebbe però dovuto presiedere la cerimonia il successore nominato da Jin mons. Ma, che però ha deciso di uscire dall’Associazione patriottica (che gestisce in toto la religione) ed è quindi stato arrestato e confinato in isolamento nel seminario di Sheshan.
I funerali civili si sono svolti invece il 2 maggio a Longhua nella sala per i funerali. Si sono radunati le autorità del governo, più di 100 sacerdoti e duemila fedeli. Anche la Santa Sede è intervenuta ma non sappiamo ancora precisamente il messaggio.
Nemmeno alla cerimonia civile  è potuto essere presente il mons. Ma Daqin.
Il consiglio dei vescovi ufficiale su pressione dell’ Associazione patriottica ha deciso di strappare il titolo a mons. Ma, anche se non ha l ‘autorità per farlo e la Santa Sede non riconosce tale decisione. La condizione della Chiesa di Shanghai rimane quindi critica, senza una guida.
La libertà di culto è per i paesi occidentali un qualcosa di imprescindibile e scontato però al giorno d’oggi per molti paesi non è ancora così purtroppo.
Martina Maruna

Le sedici albe di Ms. Wang

E’ del 20 giugno il primo messaggio inviato dallo spazio dall’astronauta Wang Yaping, la seconda donna asiatica inviata su una stazione spaziale orbitante. Wang Yaping ha spiegato in videoconferenza a gravità zero i principi della fisica agli studenti di una classe di Pechino, aiutata da un collega e da alcuni strumenti presenti nella navetta.

La videoconferenza in diretta si è tenuta dal laboratorio Tiangong-1, dove l’astronave Shenzhou è attraccata. La missione a cui partecipa Wang Yaping dovrebbe terminare intorno al 20 di giugno, ma intanto gli astronauti si tengono impegnati con le ricerche.

La donna, con l’aiuto del collega Nie Haisheng, ha spiegato ai giovani studenti come le leggi che regolano la Terra non siano più valide nello spazio, e ha risposto alle domande dei ragazzi attraverso un feedback messo a punto per l’occasione – così hanno riferito i media locali.

A porre le domande sono stati studenti di scuola primaria e secondaria, affascinati dal lavoro che gli astronauti cinesi stanno svolgendo sulla Stazione, divisa in più blocchi, già da qualche tempo. Wang Yaping ha spiegato, oltre alle principali leggi della fisica, com’è la sua percezione del mondo da lassù: le stelle che brillano, spettacolari, e il cielo oscuro sono le cose che più l’hanno scossa durante il viaggio. A consolarla, però, c’erano le sedici albe di ogni giorno, dato che gli astronauti compiono un giro completo intorno al nostro pianeta ogni novanta minuti.

Con gli occhi sullo schermo e il cuore rivolto allo spazio, il Ministero dell’Educazione ha riportato che oltre 60 milioni di persone, fra studenti e insegnanti, hanno assistito alla conferenza di Wang Yaping.

Mentre grazie all’assenza di gravità la donna creava una sfera d’acqua sospesa a mezz’aria, chissà che qualcuno non abbia pensato ad una magia, ad un incantesimo perfetto riuscito a migliaia di chilometri da Pechino.Là dove la magia del mondo è soppiantata da una realtà sempre più ingombrante, è bello vedere come lo spazio riesca ancora a far sognare grandi e piccoli. E la scienza, a far capire come la ricerca sia sempre più importante per comprendere da dove veniamo – per ricordarlo, anche, agli astronauti che per mesi vedono con occhi nuovi il loro “pianeta natale” – e, soprattutto, verso che mondo stiamo andando.

FONTE: BBC News China

Chiara Mastronardo


giovedì 7 marzo 2013

Sherlock a Shanghai



Trama


Nella Cina repubblicana degli anni venti, a Shanghai si svolgono le indagini di Huo Sang, un investigatore privato che, assieme al suo assistente Bao Liang, distica e risolve i casi più intricati.
Una figura determinata e decisa che, protagonista dei sette racconti polizieschi descritti nel libro, si muove in una Shanghai in mutamento, testimone di crimini e di ingiustizie, ma, allo stesso tempo, luminosa di ricchezza e modernità.

In un periodo in cui sono in atto drastici cambiamenti culturali e politici prodotti dal confluire di idee e valori stranieri che influenzarono soprattutto le grandi aree urbane, si presenta così il paesaggio che fa da sfondo alle vicende di Huo Sang, lo Sherlock Holmes cinese, icona della nuova narrativa poliziesca in Cina.

Biografia

Cheng Xiaoqing nasce nella vecchia Shanghai nel 1893, ed è il più famoso autore di detective stories cinesi della prima metà del Novecento.

Ebbe un'infanzia molto povera, dovette abbandonare presto gli studi e, all'età di sedici anni, fu assunto in una fabbrica di orologi. Iniziò così a leggere molto ed a scrivere; pubblicò due novelle i cui guadagni gli permisero di iscriversi ad un corso di lingua inglese presso l'YMCA di Shanghai.
Nel 1915, Cheng accettò l'incarico di insegnante di dialetto Wu, o Shanghaiese, e continuò a studiare. La sua padronanza dell'inglese migliorò al punto di consentirgli una stretta collaborazione con Sir Arthur Conan Doyle per la traduzione in cinese classico dei suoi racconti.
Il lavoro di traduzione migliorò anche il suo impegno creativo, e così iniziò a comporre proprie opere letterarie, la prima delle quali fu “La Rondine della Cina meridionale” nel 1919.

Gli anni che Cheng Xiaoqing dedica alla traduzione di Sherlock Holmes hanno certamente influenzato le idee e lo stile che lo scrittore cinese fonda nelle sue opere tanto innovative per la letteratura del suo Paese.
E' possibile quasi tracciare un parallelo tra la Londra di fine Ottocento e la Shanghai degli anni '20, tra Huo Sang e Bao Lang e Sherlock Holmes e Jonh Hamish Watson, tra il loro appartamento in Aiwen Road piuttosto che in Baker Street.
Cheng parla di una Cina che sta cambiando, una Cina che vive la nascente Repubblica, animata dal fiorire di ideali e riforme, come di critiche e fallimenti. 
Una realtà che sposta l'attenzione della narrativa che, allontanandosi dalla tradizione, ritrova il piacere dell'intrattenimento.
La narrativa, infatti, divenne un mezzo naturale per accogliere le incursioni culturali dall'Occidente, si fece portatrice del “rinnovamento” tanto sperato dai riformatori cinesi del tempo.
Attraverso l'esempio di Shanghai, Cheng mostra il passaggio dal vecchio, dall'immobile, dal decadente al nuovo, al dinamico, al moderno.
Egli è un autore occidentalizzante, che accolse l'innovazione senza mai rifiutare il suo passato o trascurare le difficoltà del suo Paese.
Cheng Xiaoqing faceva parte di quegli scrittori di narrativa di evasione che era nota con il dispregiativo di “racconti del sabato”, ed erano considerati inferiori alla narrativa di autori dagli scritti politici, ma tutto ciò non fermò la voglia di Cheng di raccontare, di suggerire sguardi critici, di mostrare come, migliorando sé stessi, si migliora il proprio Paese.

Federica Agnese