martedì 16 novembre 2010

Arte e storia del Kung Fu





ARTE E STORIA DEL KUNG FU


Dal 13 al 22 ottobre si sono svolti i campionati mondiali di Kung Fu tradizionale cinese
(第九屆中国武当国际旅游节). La competizione ha avuto luogo a Shiyan, nella provincia Hubei, a pochi chilometri dalle montagne sacre di Wudang, una piccola catena montuosa, inevitabile meta di quanti, turisti o religiosi fedeli, sentono il richiamo della tradizione e degli incantevoli racconti che animano quei sentieri sperduti.
Sin dai tempi antichi sono stati edificati, sulle numerose cime di questo maestoso gruppo montuoso, monasteri taoisti, centri accademici di ricerca, insegnamento e pratica della meditazione, delle arti marziali cinesi, della medicina tradizione cinese.
Gli anni successivi alla Rivoluzione Culturale (1966-1976) sono stati anni di ricostruzione o restaurazione, e solo attorno a pochi centri si stanno costituendo nuove realtà attive dei monaci.


                  


L’ARTE MARZIALE IN CINA
“Se mi accorgo che qualcuno mi guarda con odio, non reagisco. Mi limito a fissarlo negli occhi, avendo cura di non trasmettergli alcuna sensazione d’ira o pericolo. E il combattimento, prima ancora di cominciare, è già finito. Il nemico da battere è dentro di noi. Le arti marziali non significano violenza, ma conoscenza di sé stessi.”
(Wang Wei, Maestro di Kung Fu e Tai Chi)

L’arte marziale (武术, wushu) è una disciplina legata al combattimento, ma che raccoglie determinate pratiche e tecniche fondate su principi fisici, culturali e filosofici.
Questa disciplina ha origine in Cina negli anni della dinastia Zhou ( XI-XIII secolo a.C. ), e solo sotto la successiva dinastia Han (206-220 d.C.) tali tecniche di lotta vennero considerate arte e furono chiamate Chi Ch’iao, che significa “abilità e talento”, o Shou Po, ovvero “mano che colpisce a pugno”.
I monaci, allora, cercavano di prendere le virtù delle discipline guerriere lasciando la mentalità della guerra e le tecniche “dure”, affinchè la loro vita contemplativa coincidesse con il rafforzamento dello spirito.
La leggenda vuole che, in origine, giunse al tempio di Shaolin (少林), ai piedi dei monti Song Shan, nel regno di Wei, un monaco indiano di nome Bodhidharma. Egli iniziò a predicare un nuovo orientamento al  che comprendeva anche lunghi periodi di stasi meditativa. Come aiuto per affrontare tali prove, insegnò ai monaci del tempio diverse tecniche di respirazione che sviluppassero la forza e la capacità di autodifesa necessarie per sopportare anche lunghe ore di meditazione.
Si crede che da questi insegnamenti sia derivato il dhyana, o scuola meditativa del buddismo, chiamata Chan dai cinese e Zen  dai giapponesi.
E’ su tali esercizi che nasce la tecnica di combattimento Shaolinquan (少林拳), o “lotta del tempio di Shaolin”. Il tempio Shaolin è stato, infatti, un punto di contatto importante tra la pratica meditativa buddista e la nascita delle arti marziali.

Va ricordata anche un’altra scuola che, assieme a questa, è considerata punto di riferimento del kung fu tradizionale cinese, ed è la scuola di Wudang.
E’ un centro di ispirazione taoista e, come narra la leggenda, fu istituito dal monaco Zhang Sanfeng (张三丰), di cui la scuola conserva la statua al suo interno.
I 33 complessi taoisti che sorgono sulle cime dei Monti Wudang (武当山, Wudang Shan) furono edificati per volere dell’imperatore Yongle (dinastia Ming, 1368-1644) e videro ben tredici anni di lavori.
E’ in questo paesaggio magico, dominato dal Feng Shui (风水), l’arte geomantica taoista cinese, che si compie la ricerca dell’immortalità.
La struttura comprende il Tempio delle Nuvole Viola, raggiungibili dalle lunga scala composta di 6500 scalini, dove soggiornano l’Abate You Xuande, massima autorità taoista in Cina, e gli altri monaci.
“Qui ci alleniamo e soggiorniamo. Ci sentiamo come a casa. La sera arriva il maestro You, porta con sé una grande carica energetica. Ceniamo con riso ed ortaggi prodotti dai monaci e ascoltiamo i suoi racconti. E’ buio pesto e c’è un silenzio che nutre lo spirito. Svolazzano mille lucciole. Lui dice di lasciarle passare. Sono le anime dei nostri maestri, perché da queste parti si dice che i grandi saggi taoisti Lao Tzu (老子) e Zhang Sanfeng non siano mai morti. C’è chi giura di vederli passare di tanto in tanto tra queste sacre vette”, sono le parole del maestro Manca, che aggiungono luce e meraviglia a questi luoghi misteriosi.


                                   




L’ARTE MARZIALE IN OCCIDENTE
In Occidente l’interesse per le arti marziali dell’Asia Orientale è iniziato alla fine del XIX secolo.
Con l’incremento dei rapporti commerciali tra America, Cina e Giappone, maggiori sono le influenze anche sul piano sociale-culturale. Le prime dimostrazioni di arti marziali compaiono negli spettacoli vaudeville, ed è la prima volta che il pubblico occidentale assiste ad una rappresentazione simile.
Durante gli anni settanta, la Cina versava in una situazione politica ed economica che le impediva contatti diretti e proficui con l’occidente, in diversi campi, e probabilmente anche per questa ragione si diffusero prima le arti marziali proprie di altri paesi asiatici, come il Giappone e la Corea
Un motivo di contatto, in questo caso con il Giappone appunto, è la Seconda Guerra Mondiale, che determina la presenza dei militari statunitensi sul territorio giapponese e l’adozione dell’intero sistema delle arti marziali, come il Karate e il Judo.
Dalla Corea, invece, l’esercito statunitense accolse la principale arte del Taekwondo.
Nel frattempo era ancora molto problematico il confronto diretto con la Cina, non esistevano validi criteri di paragone per stabilire la veridicità o meno delle affermazioni e delle modalità di pratica dei singoli individui, per cui l’unica documentazione disponibile erano i film provenienti da Hong Kong. Alla luce di ciò, a partire dalla fine degli anni ’70, la Repubblica Popolare Cinese inviò una delegazione di atleti di massimo livello di Wushu in un tour mondiale di esibizioni, allo scopo di dar esempio e far conoscere all’Occidente la pratica del Wushu moderno sportivo. Le esibizioni toccarono anche l’Italia nel 1980 e nel 1982.
Con l'apertura della Cina all'Occidente negli anni '80, molti praticanti di kung fu, impressionati dalle dimostrazioni viste direttamente o indirettamente,si recarono personalmente nella Repubblica Popolare Cinese ad apprendere il Wushu attingendo dalla fonte originale, e dunque trasmisero a loro volta agli appassionati del proprio paese, contribuendo così alla prima divulgazione su scala mondiale del Wushu moderno sportivo.


Federica Agnese

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